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Mi presento. Perché questa rubrica?

  • Immagine del redattore: Antonello Pasini
    Antonello Pasini
  • 12 minuti fa
  • Tempo di lettura: 4 min


di Antonello Pasini

Fisico climatologo CNR

Docente di Fisica del clima all’Università Roma Tre

Direttore scientifico della Fondazione Osservatorio Meteorologico Milano Duomo ETS


Nel momento in cui mi accingo ad assumere un incarico importante, quello di Direttore scientifico della Fondazione Osservatorio Meteorologico Milano Duomo ETS, è ovvio pensare a quale valore aggiunto io possa dare a un Ente dalle attività già così rodate e oggi presente nel panorama italiano con progetti di assoluto rilievo.



Credo che l’unico modo per capirlo sia ripercorrere brevemente la mia storia professionale e scientifica. Dopo una laurea in fisica, con una tesi in fisica teorica, ho subito vinto il concorso per entrare al Servizio Meteorologico dell’Aeronautica. Qui mi sono fatto le ossa nel contatto con la rete osservativa e con l’attività operativa previsionale, ma anche con la parte modellistica, nel cui ambito ho sfruttato le mie competenze di fisica teorica dei sistemi complessi per lo sviluppo di nuovi modelli. Passato al Consiglio Nazionale delle Ricerche, ho continuato a sviluppare modelli, dapprima applicandoli alla fisica dei bassi strati dell’atmosfera e a problemi di inquinamento, e poi al vasto tema dei cambiamenti climatici recenti. Da oltre 20 anni, infine, mi occupo anche di divulgazione scientifica.


Insomma, la mia esperienza si interseca sicuramente con le attività principali della Fondazione: sviluppo e gestione della rete osservativa, progetti di analisi e applicazione dei dati negli ambiti più vari, progetti di disseminazione, formazione e divulgazione della scienza meteorologica e climatica. Forse è per questo che il Presidente e il Consiglio direttivo, che ringrazio caldamente, mi hanno proposto di assumere questo incarico. Ma, mi sono chiesto e mi chiedo: come posso contribuire più specificatamente allo sviluppo futuro della Fondazione?


Ebbene, credo che il valore aggiunto che posso dare risieda proprio nella visione e negli strumenti di uno scienziato che tutti i giorni partecipa attivamente alla ricerca nel settore meteo-climatico. Cercherò di promuovere attività che siano sempre più connesse con gli sviluppi, talvolta rapidi e impetuosi, della nostra disciplina scientifica e che abbiano ricadute sempre più concrete e visibili sui territori, l’ambiente comune e noi umani.

In un tale contesto rientra anche questa rubrica trimestrale, con cui intendo presentare esattamente questa visione e questi strumenti.


Perché, allora, questo titolo, “Gli occhiali della scienza”? Ebbene, in generale, gli occhiali sono uno strumento che abbiamo per guardare la realtà in maniera più accurata: chi è miope riesce a vedere più lontano e a cogliere l’insieme del mondo che ci circonda in maniera più nitida, chi è presbite scopre una quantità di dettagli vicini ma prima insospettati, chi è astigmatico corregge le distorsioni cui era precedentemente soggetto. Analogamente, la scienza utilizza i suoi occhiali, cioè gli strumenti di osservazione e misura, ma anche quelli di analisi, per rendere più oggettivi i dati che ricaviamo dalla realtà, dati che ora sono comunicabili e interpretabili in maniera univoca tramite il linguaggio matematico e scientifico.


Fornire una visione tramite gli occhiali della scienza significa allora non affidarsi alle proprie percezioni soggettive, che potrebbero essere erronee e risultare fuorvianti, ma basarsi su un metodo rigoroso e affidabile che ci faccia raggiungere una conoscenza il più possibile oggettiva, che sia trasversale a tutti noi e su cui possano basarsi anche tutte le nostre azioni.

Ritengo che questo sia un punto fondamentale, perché l’importanza e l’ascolto della scienza risiede proprio nel poter evitare percezioni soggettive che ci portino ad azioni che siano per noi deleterie. Il fatto, ad esempio, che non riusciamo a cogliere fenomeni non lineari, è estremamente pericoloso: ricordiamo quanto è accaduto di fronte ai primi pochi casi di persone infettate dal Covid-19, quando la percezione comune era di una malattia limitata a poche zone e dai numeri bassi, la cui crescita – si credeva generalmente – sarebbe stata facilmente controllabile. Solo gli scienziati (in questo caso gli epidemiologi) ci hanno indicato che se non avessimo fatto nulla la crescita sarebbe stata invece esponenziale e che era necessario annullare i contatti: fortunatamente lo abbiamo fatto con il lockdown, altrimenti avremmo avuto gravi conseguenze.


Credo che lo stesso stia accadendo con l’andamento dei fenomeni meteo-climatici sotto la spinta del riscaldamento globale. Non conoscendo bene la loro dinamica, spesso non lineare, potremmo sottostimare le conseguenze e agire generalmente in maniera pericolosa per noi stessi e per la nostra società. La scienza ci consente invece una corretta percezione che guidi le nostre azioni.


Infine, gli occhiali della scienza sono molto diversi da quelli della nostra visione del mondo, che spesso ci portano ad accettare i risultati scientifici solo se sono in linea con essa, mentre in caso contrario ci portano ad ignorarli o, ancor peggio, a distorcerli e a manipolarli: guardate cosa succede col dibattito climatico sui media. E tutto ciò nella galassia mediatica attuale (web, social, ecc.) viene ancor più amplificato. Gli occhiali della nostra visione del mondo sono un filtro ideologico (talvolta distorcente) che non ci permette di cogliere appieno la valenza di un risultato scientifico; quelli della scienza ci permettono invece di vedere meglio la realtà e agire di conseguenza senza arrecare ulteriori danni, anzi per risolvere i problemi in maniera scientificamente fondata.


Con questa rubrica mi auguro proprio di riuscire a proporvi occhiali scientifici belli ed efficaci con cui guardare meglio la nostra realtà meteo-climatica.

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