Lo chiamavano Ufficio Presagi...
Driiiinnn!!! “Fondazione OMD, buongiorno”…“Buongiorno a lei. Gentilmente, avrei necessità di sapere che tempo farà a Milano l’ultima settimana di agosto perché ho un importante evento da organizzare. Mi può aiutare?”. ”Certo signora, non ci sono problemi, se lei mi chiama cinque o sei giorni prima della data di suo interesse possiamo iniziare a monitorare la situazione” “Ma io veramente avrei bisogno di saperlo ora….” D’istinto giro lo sguardo verso la finestra, il cielo è azzurro, il sole filtra attraverso i vetri ed effettivamente fin dalla mattina avevo la netta sensazione di essermi vestita un po’ troppo pesante per la giornata.
Breve istante di smarrimento, poi la data impressa sul monitor del PC viene in mio conforto a risollevarmi da ogni possibile dubbio. “Signora, ma siamo agli inizi di marzo, è impossibile ora darle un’informazione di questo tipo” “Ma non importa se non è precisa, anche una previsione di massima va bene …”
Eh già, il ragionamento non fa una piega. Del resto se le hanno chiamate previsioni, si dovranno pure poter prevedere. Non per niente il 2 luglio 1925 un decreto legge conferisce alla sezione dedicata alle previsioni meteo dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e di Geofisica l’enigmatica denominazione di "Ufficio Presagi". Anche gli astrologi a inizio anno ci propinano tendenze dettagliate segno per segno di quello che ci aspetterà nei dodici mesi successivi, per non parlare degli economisti, che addirittura sono in grado di pronosticare con certezza da anni prima quando finirà la crisi. Potremmo noi meteorologi forse essere da meno? Certo che no.
Potrebbe la meteorologia non venire incontro alle esigenze del gruppo di amiche che, sedute al tavolo accanto in pizzeria, discutono animatamente sull’opportunità di fissare tra una o due settimane il weekend in montagna sulla base delle previsioni del tempo? Certo che no.
Non a caso, l’era tecnologica è tutto un pullulare di siti web e applicazioni mobile pronti a dare risposte concrete a chi, come loro, ha bisogno di certezze. Subito. “E’ meglio fare due, perché il weekend precedente mette sabato nuvoloso al mattino, coperto dalle 13 e con piogge dalle 18” “Ok, facciamo l’ultima di marzo allora. Andata.”
L’offerta risponde ad una domanda, del resto, è la legge del mercato. Inutile spiegare che una previsione diviene una tendenza già a distanza di due giorni e che i modelli a più lunga distanza, peraltro con un margine di errore tutt’altro che trascurabile, riescono a spingersi non oltre le due settimane. Vuoi mettere l’ascendente dell’anticiclone Annibale, il cui arrivo preannunciato da settimane prima – del resto venire dall’Africa, a piedi e con tanto di elefanti,
richiede effettivamente il suo tempo – permette di decidere con sorprendente efficienza quando e dove organizzare le vacanze estive o di un calendario dell’avvento meteorologico con cui, già da novembre, è possibile pianificare al meglio il proprio shopping sulla base dell’andamento del tempo nei giorni che precedono il Natale?
Non importa se poi l’incredibile e fantasiosa creatività di questa forma di meteorologia certamente più rispondente alle esigenze della società moderna va a scontrarsi con i limiti di una scienza che, ci piaccia o meno, certezze mai non ne darà. Alla peggio si andrà per rito abbreviato. Il colpevole tanto ha già un nome e, a scanso di equivoci, è meglio che sia chiaro fin da piccoli: “Mamma ti avevo detto di lasciare a casa l’ombrello che tanto non pioveva …”
“Hai proprio ragione amore, i meteorologi non ci azzeccano mai…”