Viaggio al Polo Nord
E’ notizia della scorsa settimana quella diffusa dalla NASA secondo cui l’estensione massima annuale del ghiaccio marino artico, raggiunta per il 2018 il 17 marzo scorso, è stata la seconda più ridotta di sempre dopo quella dell’inverno 2017. Rispetto alla media dei decenni scorsi, sarebbero mancati all'appello circa 1,16 milioni di km2 di copertura ghiacciata, un’area pari alla superficie di Italia, Spagna e Germania messe insieme. Si tratta di un dato certamente allarmante, riconducibile alla problematica del surriscaldamento globale, che nell’ambiente polare, particolarmente sensibile, agisce a velocità doppia rispetto alla media complessiva del Pianeta. Poiché peraltro ciò che accade in ambiente artico ha profonde ripercussioni sul sistema climatico globale e sull’incidenza degli eventi estremi in altre aree della Terra, lo studio delle zone polari risulta di fondamentale importanza per comprendere il cambiamento climatico in atto e tentare, laddove possibile, di arginarlo o, quantomeno, fronteggiarne le conseguenze.
Proprio sulla base di questo assunto di fondo e con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico su un tema di forte impatto a livello globale, è stata allestita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), presso l’Università di Milano Bicocca (UNIMIB), la mostra interattiva “ARTICO Viaggio Interattivo al Polo Nord”, aperta fino al 31 maggio 2018 e che abbiamo visitato in anteprima per voi.
Non è forse così noto che l’Artide, a differenza dell’Antartide, non è un continente, ma una vasta area compresa entro il Circolo Polare Artico, composta da mare, ghiaccio e porzioni di terraferma appartenenti alle zone più settentrionali di Europa, Asia ed America. Il clima artico è caratterizzato da lunghi inverni freddi, in cui domina l’oscurità (“Notte Polare”) e le temperature possono scendere fino a quasi -60°C e brevi estati fresche, nelle quali, a causa dell'inclinazione dell'asse di rotazione della Terra, il Sole rimane sopra la linea dell'orizzonte per gran parte della giornata (“Sole di Mezzanotte”) e la colonnina di mercurio oscilla solitamente tra i -10 e i +10 °C. Queste aree sono abitate da popolazioni indigene autoctone, che, pur derivando da un’unica originaria etnia, nel corso dei secoli hanno sviluppato nelle diverse regioni nomi, idiomi e usanze propri; da sempre dedite alla caccia, alla pesca e all’allevamento, queste comunità hanno risentito in maniera molto forte delle modificazioni del territorio derivanti dallo sfruttamento dello stesso e dai cambiamenti climatici, che spesso le hanno costrette ad abbandonare del tutto o in parte il proprio stile di vita originale, laddove non addirittura a lasciare le loro terre. Ne dà testimonianza il popolo dei Sami, abitanti della Lapponia e tradizionalmente allevatori di renne. L’anomalo scioglimento delle nevi durante il periodo estivo dovuto all’innalzamento delle temperature ed il successivo congelamento dell’acqua sul terreno allorquando la colonnina di mercurio ridiscende, ha drasticamente diminuito la disponibilità di foraggio per gli animali, mettendo a serio rischio la fonte primaria di sostentamento di questa popolazione.
Le grandi pianure artiche sono peraltro per vasta estensione ricoperte da permafrost, un terreno fangoso nello strato superficiale detto ‘attivo’, che per una certa porzione dell’anno è caratterizzato da temperature positive e congelato oltre una certa profondità. Il riscaldamento globale ha favorito un parziale scongelamento dello strato profondo del permafrost, soprattutto in Siberia, la qual cosa, unitamente alla riduzione dalla calotta groenlandese, allo scioglimento dei ghiacciai in Alaska e alle Svalbard e all’espansione termica delle acque del Mar Glaciale Artico, ha contribuito in maniera significativa all’innalzamento del livello dei mari a scala globale. L’immissione di grandi masse di acqua dolce nei mari ha peraltro determinato un’alterazione della salinità di questi ultimi e ciò si ipotizza potrebbe creare un’interferenza sul flusso delle correnti oceaniche, principale motore del clima sul nostro Pianeta.
Se dunque da un lato l’ecosistema artico si configura come un ambiente estremamente vulnerabile al cambiamento climatico, dall’altro è proprio l’alterazione dei suoi delicati equilibri a determinare a sua volta una serie di conseguenze a cascata sul clima globale, sugli ecosistemi e sulla biodiversità di molte altre aree della Terra.
Proprio per tale motivo l’Artico viene studiato con particolare interesse e vi è anzi un urgente bisogno di incrementare le osservazioni attualmente condotte con un monitoraggio coordinato volto a migliorare la qualità di previsione dei modelli meteorologici e climatici. L’attività di ricerca in Artico, il cui centro operativo italiano è la base del CNR “Dirigibile Italia” - in ricordo della spedizione del 1928 del Dirigibile Italia di Umberto Nobile - di Ny-Ålesund, nelle isole Svalbard, viene condotta attraverso continue osservazioni operate direttamente dai ricercatori, a cui si affiancano le esplorazioni eseguite attraverso l’utilizzo di veicoli robotici subacquei, di superficie, terrestri ed aerei per l'acquisizione di dati atmosferici, marini e glaciali in luoghi pericolosi, difficilmente accessibili o del tutto irraggiungibili.
Le trivellazioni, operate nella calotta, permettono inoltre l’estrazione di carote di ghiaccio attraverso le cui analisi in laboratorio è possibile ricavare importanti informazioni sul clima del passato, base fondamentale per poter fare valutazioni e proiezioni rispettivamente su quello attuale e futuro.
L'Artico può essere considerato quindi, a buon diritto, un gigantesco laboratorio naturale dove studiare i processi che regolano il clima del nostro Pianeta, oltre che un ambiente di incredibile fascino e meraviglia, fatto di spazi silenziosi e incontaminati nei quali, ancora oggi, ha significato la parola "esplorare" ed il pensiero di chi, oltre 90 anni fa, lo raggiunse appare di suggestiva e straordinaria attualità:
“L’attrazione per le regioni polari per chi vi è stato una volta è irresistibile. Quel senso di assoluta libertà dello spirito, quell’allontanamento da ogni cura di cose materiali che non siano quelle indispensabili alla sopravvivenza, quel perdere valore di idee, principi, sentimenti, così importanti ed essenziali nel mondo civile. La legge umana che più non esiste e cede il posto a quella della natura. Quella solitudine immensa dove ognuno si sente re di se stesso. Tutto questo una volta provato non lo si dimentica più ed esercita un fascino al quale è impossibile resistere” (Umberto Nobile)