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  • Pamela Turchiarulo

Una montagna di neve


Se ultimamente si era fatta decisamente sospirare, quest’anno la neve, almeno fino a questo momento, non si può proprio dire che abbia deluso i suoi fans, imbiancando a più riprese montagne e pianure e regalando a molti amanti del genere l’emozione sempre unica di un bianco Natale. Candidi, poetici, ipnotici, i fiocchi sono caduti abbondantemente, durante le festività, sull’arco alpino e lungo la dorsale appenninica, per la gioia di vacanzieri e aziende turistiche, che a Babbo Natale certo non avrebbero potuto chiedere di meglio per l’avvio della stagione invernale.

La magia del paesaggio candido e incantato, racchiuso nell’atmosfera ovattata che tipicamente si respira dopo una nevicata, è però spesso accompagnata da una serie di problematiche che inevitabilmente questi fenomeni, specie quando particolarmente intensi, portano con sé. Perché se le città a volte si paralizzano letteralmente anche solo per pochi cm di neve, non così di solito avviene nei paesi di montagna, certamente più preparati a far fronte alla possibilità di consistenti nevicate e alle conseguenze che queste possono comportare. Eppure, la cronaca di questo ultimo periodo ha spesso raccontato di località rimaste completamente isolate per diversi giorni a causa della caduta di slavine sulle strade di accesso, con tanto di avvisi, rivolti a cittadini e turisti, a rimanere in casa dato l’elevato rischio di valanghe. E’ quanto accaduto a più riprese, ad esempio, a Cervinia, nota località sciistica valdostana ai piedi dell’omonimo monte dagli inizi dell’anno, o, negli ultimi giorni, a Rheme Notre Dame, al confine tra Valle D’Aosta e Piemonte, al Sestriere e a Cogne.

Una valanga si genera in seguito all’improvvisa perdita di stabilità, spontanea o provocata, della neve presente su di un pendio e al suo successivo scivolamento verso valle. Sono diversi i fattori che possono favorire la formazione di una valanga: il grado di inclinazione di un pendio, l’esposizione, la forma e le caratteristiche naturali sono tra i fondamentali. Se il fatto che un pendio sia ripido ne aumenta la sua instabilità, l’esposizione condiziona invece la quantità di sole e di vento che esso riceve. I pendii esposti a sud ricevono un maggiore irraggiamento solare, cosicché la stabilizzazione del manto nevoso avviene molto più rapidamente rispetto a quanto accade sui versanti esposti a nord. Analogamente, i pendii sopravento tendono ad essere più sicuri poiché l’azione eolica spazza via una parte della neve accumulata e tende a compattare quella residua; i pendii sottovento, al contrario, sono molto più pericolosi poiché, peraltro, tendono ad accumulare anche la quota di neve proveniente dai versanti sopravento. Mentre i terreni lisci, infine, non riescono a trattenere efficacemente la neve e forniscono una superficie di scorrimento scivolosa, alberi e rocce possono fungere da ancoraggi, aumentando la stabilità del manto; ecco perché le valanghe difficilmente si generano in aree in cui la vegetazione è fitta.

Il manto nevoso è costituito da una serie di strati separati, ciascuno dei quali ha forza, resistenza e spessore differenti. L’altezza del manto nevoso e la distribuzione degli strati deboli al suo interno sono fattori determinanti nel definirne la stabilità. Durante l’inverno il manto nevoso cresce strato dopo strato, con continue variazioni dovute alle precipitazioni, alle variazioni di temperatura e all’azione del vento.

Appare quindi evidente come l’andamento delle condizioni meteorologiche, anche in relazione al periodo dell’anno in cui queste intervengono, giochi un ruolo fondamentale nel determinare un maggiore o minore rischio di valanghe. Entro una certa misura il manto nevoso si “flette”, adattandosi alle condizioni esterne, ma un forte aumento della sollecitazione, specie se improvviso - ad esempio dovuto al sopraggiungere di forti precipitazioni - può causarne la rottura. Nevicate abbondanti e concentrate nel tempo, specie se la neve è bagnata e pesante, alzano notevolmente il rischio, ma particolarmente critiche possono risultare anche le piogge; se, dopo la pioggia, la temperatura rimane elevata la neve infatti aumenta di peso e perde coesione con il terreno.

Ma se invece è seguita da un generale raffreddamento, può risultare un fattore positivo che aumenta la stabilità dei pendii, favorendo l’aggregazione dei diversi strati del manto nevoso. Anche il caldo e il freddo sono fattori non trascurabili che possono incidere positivamente o negativamente sul consolidamento del manto nevoso e il loro alternarsi gioca un ruolo fondamentale nella metamorfosi dei cristalli di neve. In genere, se la temperatura rimane bassa per molti giorni di seguito, il consolidamento del manto nevoso è più lento. Se ad un graduale riscaldamento segue un raffreddamento, la resistenza del manto nevoso aumenta; viceversa, nell’ipotesi di aumento repentino della temperatura, il grado di pericolo di valanghe diviene più elevato. Da ultimo, anche la brina, che si forma sulla superficie del manto nevoso nelle notti fredde e serene in assenza di vento, può costituire un fattore di rischio poiché crea una zona di resistenza molto debole per gli strati di neve che si depositano successivamente.

Prevedere una valanga non è un cosa semplice, poiché generalmente la loro caduta non è preceduta da alcun precursore e può talvolta essere provocata da comportamenti imprudenti e del tutto imponderabili. Tuttavia si conoscono con una certa precisione quali sono le aree a rischio e, attraverso i bollettini delle valanghe, vengono quotidianamente segnalate situazioni di pericolo, anche sulla base delle condizioni meteorologiche previste.

Laddove vengano segnalate delle reali condizioni di pericolo, come quelle che si stanno verificando in questi giorni in molte località montane, soprattutto dell’arco alpino occidentale, meglio dunque rinunciare ad una sciata e dedicarsi alla tranquilla realizzazione di un pupazzo dal naso ‘carotato’, o, a seconda dei gusti, all’ingaggio di una più energica battaglia a palle di neve.

In entrambi i casi di certo la materia prima non vi mancherà.

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