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Pamela Turchiarulo

Ma oggi non doveva esserci il sole?!?


Nell'obiettivo di svelare l’affascinante mistero che avvolge l’elaborazione di una previsione meteorologica, la scorsa settimana vi abbiamo raccontato cosa sia un modello meteorologico e come questo rappresenti, per gli addetti ai lavori, lo strumento fondamentale per poter formulare delle verosimili ipotesi sulla possibile evoluzione del tempo atmosferico nel prossimo futuro. Ipotesi, appunto. Perché non va mai dimenticato, doverosa premessa, che la previsione meteorologica descrive solo un probabile stato futuro del tempo e non una sua sicura evoluzione; del resto la meteorologia, si sa, non è e non sarà mai una scienza esatta.


Come ogni strumento che si rispetti, anche i modelli meteorologici, per poter essere utili, necessitano di qualcuno che li sappia adoperare in modo efficace. In prima battuta, infatti, essi producono dei risultati numerici, che vengono poi rielaborati graficamente per generare delle carte meteorologiche, già certamente meno enigmatiche di cifre ed equazioni, ma di fatto ancora poco comprensibili e fruibili per i più. E’ proprio a questo livello che entra in gioco la figura del meteorologo che, leggendo ed interpretando tali carte alla luce della propria esperienza e percezione, prova a tradurle in parole e immagini più semplici ed immediate: le previsioni del tempo appunto, con cui tutti, seppur in modo differente, siamo ormai abituati ad avere a che fare ogni giorno.


Ma facciamo un passo indietro e proviamo a capire meglio cosa siano queste carte meteorologiche generate, in ultima analisi, dai modelli matematici. Si tratta di vere e proprie mappe, che rappresentano la possibile evoluzione nel tempo e nello spazio di uno o più parametri (pressione, temperatura, precipitazioni, copertura nuvolosa ecc.), al livello del suolo o ad una certa altezza in atmosfera, su un’area geografica più o meno ampia, in una serie di momenti successivi rispetto al punto di partenza del modello. Ciò significa che se il modello inizia la sua corsa in un istante che possiamo definire 0, corrispondente ad un certo giorno e orario, le mappe successive da esso derivate daranno indicazione di quello che potrà essere il valore del parametro in questione agli istanti successivi 1, 2, 3, … La cadenza di questi ultimi, ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra uno e l’altro, può essere, a seconda dei modelli, di 1, 3, 6 o 12 ore. Unendo le informazioni relative ai diversi parametri atmosferici, ricavate dalle rispettive mappe, così come fossero tanti pezzi di un unico puzzle, è possibile arrivare a costruire una sorta di “fotografia” dell’atmosfera ad una certa distanza temporale rispetto al presente.


Apparentemente tutto potrebbe sembrare relativamente semplice: basterebbe infatti imparare a “leggere” opportunamente le carte meteorologiche per poter formulare delle plausibili ipotesi sull’evoluzione del tempo nel prossimo futuro. La questione si fa decisamente più complessa nel momento in cui, come nella buona pratica di fatto poi accade consultando più modelli differenti, il previsore si trovi ad avere da questi indicazioni a volte anche diametralmente opposte su ciò che verosimilmente potrà accadere. Che fare allora in questi casi? Le possibilità sono due: affidarsi al famigerato e leggendario dado del meteorologo, o, ipotesi assai preferibile, mettere fondo alla propria esperienza, ricordando a quale tipo di evoluzione si è poi realmente andati incontro in situazioni con analoghe premesse che si sono verificate nel passato. Certo questa non rappresenterà comunque una certezza, ma potrà perlomeno aiutare il meteorologo ad accreditare un’idea, elaborata vuoi per intuito, vuoi per una personale preferenza maturata nel tempo verso uno o un altro modello, che lo porti ad attribuire ad esso maggiore fiducia.


Ma, al di là della bontà dei modelli a disposizione e dell’esperienza del previsore, quali sono i termini temporali per poter considerare realisticamente attendibile una previsione? Da un punto di vista qualitativo, la risposta è facilmente deducibile dalla sola considerazione che, alla lettera, possiamo definire una previsione tale solo se riferita alla giornata in corso o a quella successiva, mentre già dal giorno seguente siamo costretti a parlare di tendenza. Fondamentale tuttavia, per poter dare una risposta più precisa ad uno degli interrogativi che più spesso un meteorologo si sente rivolgere nel corso della sua carriera, è la valutazione del particolare contesto in cui ci si trova in un dato momento. In un periodo di forte stabilità atmosferica, una previsione può considerarsi infatti molto attendibile anche ad alcuni giorni di distanza; viceversa, in un quadro meteorologico fortemente variabile, come tipicamente è quello che caratterizza le stagioni primaverile ed autunnale, l’attendibilità rischia di divenire molto bassa anche da un giorno con l’altro. Questa logica porterebbe a concludere che la credibilità di evoluzioni meteorologiche previste con una o addirittura due settimane di anticipo dai modelli a più grande scala sia del tutto aleatoria. Ma questo è vero solo in parte.

I modelli a scala globale forniscono una visione molto più ampia, anche a livello spaziale, della distribuzione delle aree di alta e bassa pressione e del conseguente spostamento delle perturbazioni, elementi che più difficilmente sono suscettibili di repentini significativi cambiamenti. Se dunque da una parte è evidente che sia realisticamente impossibile definire con un grosso lasso temporale di anticipo se un dato giorno in una certa località vi sarà il sole o le temperature si assesteranno su un determinato valore, dall’altra è piuttosto probabile che il fatto che si possa andare incontro ad un periodo di alta pressione o all’arrivo di un grosso sistema perturbato, visto da un modello a più grande scala anche con molti giorni di anticipo, trovi poi un effettivo riscontro nella realtà. Provate ad immaginare di essere di fronte ad un quadro molto grande. Qualora intendeste apprezzare la pennellata dell’artista o esaminarne con maggiore precisione un dettaglio sareste necessariamente costretti ad avvicinarvi ad esso; al tempo stesso, una visione così ravvicinata non permetterebbe di cogliere il soggetto nel suo complesso, cosa che solo un’osservazione da maggiore distanza viceversa renderebbe possibile.


Non è poi così scorretto in fondo immaginare le previsioni del tempo come una “forma d’arte”, in cui la scienza si fonde con l’esperienza dell’”artista”, declinandosi nelle mille sfumature della sua personale interpretazione e creatività. Forse sarà per questo che sono così affascinanti; forse sarà per questo che sono e saranno sempre così intrinsecamente “imperfette”.

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