Ma il cielo è sempre più blu...
Alzando lo sguardo verso l’alto in queste belle e limpide giornate primaverili ci capita di osservare un cielo di un azzurro intenso e brillante. Vi siete mai chiesti perché ci appaia di questo colore? E perché in certe sere si tinge di rosso, dando origine a meravigliosi tramonti? Oppure come mai il cielo visto dalla Luna non è più azzurro ma nero ed è possibile osservare le stelle anche durante il giorno?
Per rispondere a queste curiosità è necessario fare un breve (e non troppo difficile) salto nel mondo della fisica ed analizzare l’interazione della luce del sole con l’atmosfera del nostro pianeta.
Il Sole emette radiazioni elettromagnetiche di diverse lunghezze d’onda che si propagano nello spazio interplanetario e giungono a noi interagendo con l’atmosfera terrestre. Nello spettro elettromagnetico emesso dal Sole vi è una porzione visibile all’occhio umano formata dalle onde elettromagnetiche che hanno una lunghezza d’onda (lambda) compresa tra i 380 e i 720 nm (nanometro = 1 miliardesimo di metro) e che danno origine alla luce. I nostri occhi sono in grado di percepire radiazioni a partire da una lunghezza d’onda di 380 nm, che corrisponde al colore viola, fino al colore rosso (lambda = 720nm), passando per i colori che compongono l’arcobaleno. All’estremità inferiore dello spettro visibile si trovano i raggi ultravioletti mentre per lunghezze d’onda superiori a 750nm si è in presenza dei raggi infrarossi.
La presenza in contemporanea di tutte lunghezze d’onda nella porzione del visibile, dà origine alla luce bianca.
La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia secondo precisi meccanismi: assorbimento, riflessione, diffusione (detto anche scattering), rifrazione e diffrazione.
Nel momento in cui la luce solare entra nell’atmosfera terrestre, interagisce con le particelle di piccole dimensioni di cui quest’ultima è costituita e, a seconda della lunghezza d’onda della radiazione incidente, della dimensione delle particelle e delle proprietà ottiche delle stesse, la luce verrà più o meno diffusa e/o assorbita. Per diffusione o scattering si intende quel processo mediante il quale piccole particelle, o molecole, sospese in un mezzo con un diverso indice di rifrazione, diffondono in tutte le direzioni una parte della radiazione incidente.
L’atmosfera terrestre è composta principalmente dai gas di azoto e ossigeno, in percentuali del 78% e del 21% rispettivamente e per il restante 1% da argon, acqua (vapor d’acqua, goccioline, cristalli) e negli strati più bassi da polveri, ceneri e sali.
Il colore azzurro del cielo è causato dall’interazione della luce solare con i gas atmosferici, le cui particelle hanno dimensioni inferiori rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione incidente. In questo caso si parla di scattering di Rayleigh, dal fisico britannico premio Nobel per la chimica John William Strutt Rayleigh. Questo tipo di scattering è più o meno efficace a seconda della lunghezza d’onda della radiazione incidente: in particolare l’effetto di scattering (diffusione in tutte le direzioni) aumenta con il diminuire della lunghezza d’onda e anche l’intensità della luce diffusa è maggiore per lunghezze d’onda inferiori (va come l’inverso della quarta potenza della lunghezza della luce).
Le molecole di azoto e ossigeno sono quindi molto più efficienti nel diffondere le radiazioni con lunghezza d’onda più corta (violetta e blu) rispetto alle radiazioni con lunghezza d’onda superiore (rosso). La luce rossa subisce poche diffusioni e riesce a proseguire nella sua traiettoria, mentre quella blu viene diffusa più e più volte cosicché in una giornata senza nubi il nostro occhio registra la luce blu provenire da tutte le direzioni e il cielo ci appare azzurro. In teoria, essendo la luce violetta quella con lunghezza d’onda inferiore e quindi quella più diffusa, dovremmo vedere il cielo di un colore viola piuttosto che azzurro. In realtà lo vediamo blu per due motivazioni: nello spettro solare la quantità di luce viola è inferiore rispetto a quella blu e i fotorecettori della retina del nostro occhio hanno una maggior sensibilità al blu piuttosto che al viola.
Nel caso in cui sul nostro pianeta mancasse l’atmosfera, il cielo ci apparirebbe nero e il sole decisamente bianco e saremmo in grado di distinguere le stelle anche durante il giorno.
Alla sera, il colore del cielo tende a virare sui toni dell’arancione e del rosso. Il sole infatti si trova in una posizione per cui la luce solare che entra nell’atmosfera deve percorrere uno strato di atmosfera più spesso prima di giungere ai nostri occhi: le molecole d’aria diffondono quindi le componenti della luce solare a lunghezze d’onda inferiori e le uniche lunghezze d’onda che riescono a penetrare attraverso lo spessore di atmosfera sono quelle della luce gialla, arancione e rossa.
Nel cielo azzurro primaverile può spesso capitare di osservare delle nuvolette bianche: i caratteristici cumuli primaverili. L’aspetto biancastro delle nubi è dovuto alla presenza di goccioline, di dimensioni intorno ai 20 micron, che sono sufficiente grosse da diffondere tutte le lunghezze d’onda nel visibile più o meno allo stesso modo. In questo caso, quando la dimensione delle particelle è confrontabile con la lunghezza d’onda della radiazione incidente, si parla di scattering di Mie e questo tipo di scattering può essere generato proprio da goccioline d’acqua, polvere da combustione, pollini, etc. Nel momento in cui la luce del sole entra nella nube, tutte le lunghezze d’onda vengono diffuse in egual misura e la nube appare bianca.
Si parla infine di scattering geometrico quando la radiazione incidente incontra particelle che hanno dimensioni superiori alla lunghezza d’onda della radiazione stessa. L’interazione può essere spiegata sulla base dei meccanismi che governano l’ottica geometrica, ovvero riflessione, rifrazione e diffrazione. Le goccioline di pioggia, ad esempio, ricadono in questo regime e quando sono in sospensione e interagiscono con la luce solare (in opportune circostanze) danno origine al fenomeno ottico dell’arcobaleno. Ma di questo parleremo in un altro articolo.