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Susanna Di Lernia

Maledetta primavera


Stiamo forse diventando allergici alla vita moderna?


La prevalenza di malattie allergiche sembrerebbe infatti essere aumentata drammaticamente in questi anni assumendo proporzioni epidemiche globali. Ogni anno le sole allergie da pollini complicano la vita a ben 10 milioni di italiani: occhi rossi, congiuntiviti, riniti e, nei casi peggiori, attacchi d’asma.



Negli ultimi decenni si è assistito a un rilevante aumento nell'incidenza della malattia, che si concentra proprio nelle aree più sviluppate e industrializzate del mondo: in Europa colpisce circa il 15% della popolazione e probabilmente quasi il 20% negli Stati Uniti. La stagione dei pollini si è inoltre allungata rispetto al passato; i sintomi possono comparire già nei primi mesi dell’anno, anche se quelli più a rischio rimangono i più caldi: tra marzo e settembre, con una punta massima in aprile e maggio. Occorre considerare però il periodo di fioritura (o pollinazione) di ciascuna pianta.


Indagando le possibili cause di quest’aumento delle allergopatie, s’individua una connessione tra la comparsa della malattia, i cambiamenti climatici ed il ruolo dell'inquinamento atmosferico.


In particolare, le malattie allergiche e l’asma bronchiale risultano fortemente influenzate da fattori ambientali legati ai cambiamenti climatici e ai conseguenti eventi meteorologici che si stanno verificando in tutto il globo.



I recenti cambiamenti climatici regionali, in particolare gli aumenti di temperatura, hanno determinato un rapido aumento del numero di giornate calde e di eventi meteorologici gravi. Le concentrazioni di gas serra, in particolare di CO2, nell’atmosfera hanno scaldato il pianeta provocando: ondate di calore più gravi e prolungate, variabilità della temperatura, aumento dell’inquinamento atmosferico, incendi del bosco, siccità e inondazioni.


Il riscaldamento globale colpisce l’inizio, la durata e l’intensità della stagione dei pollini e la loro allergenicità. Con l’aumentare delle concentrazioni di CO2 e, di conseguenza, delle temperature, la produzione di pollini allergenici aumenta. Decine di migliaia di inquinanti atmosferici noti o sospetti, in sinergia tra loro e con altri parametri (temperatura, vento, ecc.), incidono su malattie respiratorie allergiche e asma, che rappresentano gli esiti della complessa interazione del sistema immunologico con l’ambiente.


È dunque assai probabile che l’effetto biologico diretto di sostanze inquinanti e ondate di calore sul sistema respiratorio, l’effetto sulle piante allergeniche e sulla distribuzione del polline e anche il fatto che una quota crescente della popolazione viva in aree urbane, dove è maggiormente esposta agli agenti inquinanti, si tradurrà in un aumento dell’incidenza e della gravità dei casi di asma.


Lo scenario sembra quindi destinato a peggiorare e tutti i paesi dovranno rafforzare e adattare i propri servizi sanitari al fine di gestirne le conseguenze. È importante potenziare gli strumenti usati per condividere informazioni con i gruppi vulnerabili in modo da prevenirne l'esposizione all'inquinamento. Occorre adottare infine misure finalizzate a mitigare il cambiamento climatico per salvaguardare la salute pubblica.


Alcuni di questi interventi possono inoltre comportare benefiche ricadute sulla salute: ad esempio, promuovere il cosiddetto "trasporto attivo" (come andare in bicicletta e camminare) può contribuire alla riduzione dell'obesità e delle malattie non trasmissibili. Oppure, l'energia rinnovabile come quella solare, può aiutare a garantire energia in modo continuo alle strutture che forniscono servizi sanitari in aree remote.


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