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Pamela Turchiarulo

Edizione straordinaria...O forse no


“Afa simile nel ’28, nel ’45 e nel ’50. Ma in due secoli questo è il record”


Ora, se vi raccontassi che questo è il titolo, riportato a caratteri cubitali sulla prima pagina del Corriere della Sera di un giornata agostina di ormai parecchie estati fa, domandando il vostro parere sull’anno cui il quotidiano in questione potrebbe appartenere, molto probabilmente la maggior parte di voi lo ricondurrebbe senza esitazione al famigerato 2003. E non sbaglierebbe: la pagina, visibilmente un po’ingiallita e bordata da pubblicità di cellulari e videocamere che riecheggiano un tempo ormai incredibilmente lontano, è datata 12 agosto 2003, giornata esattamente al centro di quello che sarebbe stato ricordato, negli anni a venire, come il picco di caldo più intenso che la storia recente del nostro Paese e non solo ricordi. Del resto nemmeno i più smemorati e distratti potrebbero mai dimenticare quell’estate, perché dovunque e comunque la si sia vissuta, la sensazione di caldo soffocante e insopportabile che l’ha caratterizzata fa da contorno ad almeno un ricordo di vita personale di ciascuno di noi.

Fin qui tutto bene. Ma, continuando a sfogliare il raccoglitore della storica rassegna stampa dell’Osservatorio Meteorologico di Milano Duomo, appena poche pagine più avanti ecco comparire un ritaglio di Avvenire del 4 novembre 2004: “Mai un inizio di novembre così caldo. Anche oggi prevista una giornata anomala”, con tanto di intervista di un famoso pneumologo dell’Ospedale Niguarda di Milano, che sapientemente illustra l’incidenza dell’insolito caldo novembrino di quell’anno sull’aumento del numero dei casi di bronchite riscontrati in città. Certo di anni ne sono passati tanti, ma se la situazione era davvero così anomala, di sicuro anche noi ne conserveremo ancora un ricordo nitido… Non è così? Bhè, forse in quel periodo saremo stati un po’ distratti da qualche altro più importante avvenimento della nostra vita. L’eccezione dopotutto, si sa, è fatta apposta per confermare la regola.


O magari ancora, chissà, non essendo illimitati i gigabyte a disposizione, la nostra memoria ha selettivamente deciso di sovrascrivere al ricordo di quel novembre freddoloso, che tutto sommato aveva soltanto tentato di alzare un po’ il suo termostato sperando di non dar troppo nell’occhio, quello di un successivo agosto dalla ben più chiassosa verve carnevalesca: “E’ un agosto mascherato da autunno. Le guglie del Duomo come le colline dell’Alaska: Milano scopre di avere qualcosa in comune con Anchorage, la capitale dello stato artico.” (La Repubblica, 11 agosto 2005)


Quel che è certo è che, dopo un’estate tanto glaciale, che ci ha costretti a rispolverare di gran carriera dall’armadio cappotti e piumini (che strano, non ve lo ricordate?!) e ad ipotizzare l’utilizzo di slitte e husky per muoversi agevolmente in città, l’unico desiderio per la seguente sarà stato quello di poter godere di un po’ di sacrosanto tepore. Ed eccoci accontentati: “Caldo record, 35.8 gradi” (La Repubblica, 13 luglio 2006) a luglio e, per chi non ne avesse avuto abbastanza, “Mai un settembre così caldo negli ultimi 100 anni” (La Repubblica, 8 settembre 2006), per chiudere in bellezza la stagione estiva. Peccato solo che il tempo ci abbia poi preso gusto, propinandoci un “Gennaio 2007 da record. Mai così caldo dal 1763” (Corriere della Sera, 13 gennaio 2007); incassi da capogiro per i commercianti di gelati e bevande fredde, capogiro e basta per le piante che, non capendoci più nulla, frastornate dall’anomalo clima, hanno deciso nel dubbio di fiorire in anticipo. Non per niente, lo stesso articolo del Corriere riporta in calce box di approfondimento sul tema.


Ma attenzione a lamentarsi, perché il tempo non la prende mai troppo bene. La riprova? L’anno seguente abbiamo dovuto far fronte nientemeno che al “Tradimento della primavera. Pioggia da tre settimane” (La Repubblica, 5 giugno 2008) prima e al “Caldo da impazzire. Raggiunto il record stagionale” (Leggo, 25 giugno 2008) dopo. Per non parlare del 2009, flagellato da “Nubifragi record da nord a sud” (Corriere della Sera, 28 agosto 2009), di quelli che non se ne vedevano più da tempi biblici, alla lettera.

Eppure, continuando a scorrere le pagine del nostro amarcord, la sensazione è che di comportarsi in maniera vagamente normale, il tempo, da allora ad oggi, non ne abbia di fatto mai avuta più intenzione: si va dal “Caldo record e weekend di fuoco” (ll Giorno) del luglio del 2010, alla “Morsa del gelo” (La Repubblica) del dicembre dello stesso anno, dal “Marzo del 2011, che passerà alla storia come il più piovoso degli ultimi cinquant’anni” (Corriere della Sera), all’“Anomala ondata di afa” (Corriere della Sera) dell’agosto 2012, dalla “Straordinaria tempesta di neve a metà marzo” (Corriere di Novara) del 2013 al “Novembre da record per il maltempo” (La Repubblica) dell’anno 2014, la cui “meteorologica follia” si sarebbe peraltro poi conclusa in bellezza con un Natale in pieno stile californiano: “Temperature record: siamo a dicembre, ma sembra ottobre” (La Repubblica).


E non è che gli ultimi anni siano stati da meno. Nel dicembre 2015 La Repubblica proponeva una foto di repertorio del pino tradizionalmente collocato al centro della piazza del Duomo di Milano, con tanto di fronde cariche di neve, corredata di didascalia dal sapore malinconico: “La città brillava come in una favola, nevicò per tutta la giornata di Natale”. Cose d’altri tempi, insomma, in un’epoca in cui in Pianura Padana - si racconta - d’inverno le temperature sono così alte da aver fatto ‘estinguere’ persino i caratteristici e suggestivi “nebbioni”. Curioso perché, anche di stagioni fredde più recenti, molti di noi sarebbero probabilmente pronti a giurare esattamente il contrario. Ma a dissipare definitivamente ogni dubbio, ecco arrivare la spietata sentenza: “Primavera a dicembre. Record storico del caldo, fuga in avanti di 4 mesi” (Corriere della Sera, 28 dicembre 2016). La sensazione, chissà perché, sembra essere nitidamente quella di un déja vu, non fosse per la foto annessa, che ritrae un gruppo di ragazze, cappotti ripiegati sul braccio, intente a scattarsi un selfie davanti alle guglie della Madonnina. No, allora è proprio il 2016 e siamo evidentemente noi a confonderci, ancora una volta.


O forse no. Già, perché se è vero che la memoria meteorologica tende ad essere strettamente connessa alle esperienze personali di ciascuno di noi, cosicchè ognuno tende a ricordarsi quasi esclusivamente eventi meteo occorsi in concomitanza di momenti rilevanti della propria vita, vero è anche, di contro, che fenomeni realmente “eccezionali” come la storica nevicata dell‘85, il caldo senza precedenti del 2003 o le straordinarie piogge del 2014 bene o male tutti li ricordano, qualsiasi cosa, di più o meno rilevante, si stesse facendo in loro occorrenza. Più verosimile è allora pensare che la rincorsa al sensazionalismo, in ambito meteorologico come in altri, abbia un po’ confuso il nostro metro obiettivo di giudizio nei confronti di tutto quello che accade all’intorno. D’altro canto, chi di comunicazione si occupa, altro non fa, in maniera più o meno rigorosa ed eticamente corretta, che rispondere ad una legge di mercato, offrendo all’utente quello che in realtà lui stesso si aspetta e in fondo ha desiderio di sentirsi dire.

Ecco perché sarebbe buona norma non credere sempre incondizionatamente a tutto quello che ci viene raccontato, ma riuscire piuttosto a mantenerne sempre un certo distacco critico, provando ad ascoltare anche quelle campane, che talvolta possono suonare melodie sì stonate e poco accattivanti, ma spesso al contempo assai più realistiche; e, perché no, anche ad accettare che se una stagione non è esattamente quella che nel nostro immaginario avrebbe dovuto o potuto essere, non per questo è sempre e comunque il clima ad essere impazzito.

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