Cieli a regola d'arte
Dipingo ciò che non posso fotografare. Fotografo ciò che non voglio dipingere. Dipingo l’invisibile. Fotografo il visibile. (Man Ray)
Nel 1959, in un intervento ormai divenuto storico, Charles Percy Snow denunciò la separazione tra quelle che in tutto il mondo venivano percepite e definite come le due culture: la cultura scientifica e quella umanistica.
Questa separazione, figlia del positivismo ottocentesco e del tutto assente nella cultura antica - secondo lo stesso Snow - non faceva altro che impoverire la popolazione stessa che non riconosceva nelle arti come nelle scienze il comune e universale processo della conoscenza.
L’orizzonte culturale odierno sembra voler tornare verso una direzione in cui questa dicotomia è bandita e sono sempre di più coloro che decidono di analizzare il rapporto tra scienza e arte in letteratura, musica, cinema, e, perché no, anche in meteorologia.
La rivista Atmospheric Chemistry and Physics, ad esempio, ha pubblicato uno studio che illustra la correlazione esistente tra diversi eventi atmosferici importanti e varie opere d'arte dei cosiddetti "artisti del tempo", tra i quali Edgar Degas, William Turner e Gustav Klimt. Un gruppo di scienziati greci, sotto la direzione di Cristos Zerefos dell’Osservatorio nazionale di Atene, ha esaminato i colori del cielo di centinaia di quadri che coprono il periodo dal 1500 al 1900, per il quale non sono disponibili fonti scientifiche dirette relative alla portata delle eruzioni vulcaniche. In questo periodo, in tutto il mondo, vi sono state oltre cinquanta grandi eruzioni vulcaniche. In particolare sono state analizzate le opere dipinte in Europa dopo l’eruzione del vulcano Tambora, avvenuta in Indonesia nel 1815, una delle più potenti della storia recente della Terra che, con i suoi 100 milioni di tonnellate di aerosol immessi in stratosfera, provocò il famoso “anno senza estate” in molte zone dell'emisfero boreale.
La cenere vulcanica e il gas scagliati in atmosfera viaggiarono per il mondo, producendo anche in Europa luminosi tramonti rossi e arancioni, fino a tre anni dopo l’eruzione. Le eruzioni vulcaniche esplosive producono, infatti, tramonti particolarmente colorati per qualche anno a causa della presenza di aerosol vulcanici nella bassa stratosfera. La presenza di elevate quantità di gas e polveri, inoltre, attenuando la radiazione solare, può alterare le condizioni climatiche su vasta scala, provocando una diminuzione di temperatura fino a 2°C nei mesi successivi all’eruzione.
I ricercatori si sono basati su prove paleoclimatiche, come le informazioni sulle ceneri vulcaniche contenute nelle carote di ghiaccio. Dopodiché hanno analizzato come tali eventi si sono riflessi nei dipinti. I rapporti tra rosso e verde misurati nei tramonti, secondo la ricerca, si accordano con la quantità di aerosol vulcanici in atmosfera.
Ad esempio, nel quadro Race Horses, dipinto da Degas, si può osservare un cielo arrossato. Secondo lo studio, proprio in quell'anno (1885) la cenere emessa dall'enorme esplosione del Krakatoa avrebbe alterato l'aspetto del cielo in molte aree del pianeta.
Un altro esempio sarebbe quello del quadro Donna davanti al sorgere del sole di David Friedrich, dipinto nel 1817. Qui sarebbero visibili gli effetti dell'esplosione del vulcano Tambora, evento che non influenzò solo il clima o la pittura, ma anche la letteratura; pare infatti che fu proprio all’eruzione del vulcano indonesiano che dobbiamo la stesura del famoso romanzo Frankenstein, di Mary Shelley.
L’urlo di Edvard Munch è invece stato escluso dallo studio per un’incertezza di dieci anni sulla data di realizzazione.
Ad ulteriore sostegno della scoperta, i ricercatori hanno chiesto a un artista di dipingere tramonti durante e dopo il passaggio di una nube di polvere sahariana sopra l’isola greca di Hydra, nel giugno 2010. Le analisi delle opere sono state confrontate con le misure relative all’aerosol fatte da strumenti moderni e, anche in questo caso, i dati erano in accordo.
Del resto, un tempo, l’uomo si esprimeva con l’arte; dipingendo quel che vedeva ha lasciato delle importanti tracce per studiare l’evoluzione del clima e capire cosa ci possa attendere in futuro. Chissà se, quando non ci saremo più, i figli dei nostri figli guarderanno le nostre fotografie degli ultimi inverni e, vedendo delle persone in maglietta a maniche corte, si domanderanno se non fosse già iniziato il disgelo.