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Chiara Paganelli

La nebbia agli irti colli…


In questi ultimi giorni, soprattutto nelle regioni settentrionali della penisola italiana, è tornato a farci visita il fastidioso, ma affascinante, fenomeno meteorologico della nebbia.

Da definizione meteorologica, la nebbia rientra nelle idrometeore, ovvero fa parte dei fenomeni atmosferici connessi alla condensazione del vapore d’acqua presente nell’atmosfera terrestre. In particolare si forma a contatto con il suolo e si genera quando l’umidità relativa di una massa d’aria raggiunge il 100% e avviene la saturazione del vapor d’acqua in essa contenuto. Si vanno quindi a creare delle goccioline d’acqua che, rimanendo in sospensione in atmosfera, danno origine al fenomeno della nebbia.


Nebbia e Foschia

​Sono proprio le goccioline d’acqua a determinare l’aspetto biancastro del fenomeno: modificando le caratteristiche ottiche dell’aria, le goccioline in sospensione diffondono la luce e riducono e limitano la visibilità. L’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, il WMO (World Meteorological Organization) distingue la nebbia dalla foschia sulla base della massima distanza alla quale è possibile identificare un oggetto nero di dimensioni stabilite o una sorgente luminosa collocati all’orizzonte, ovvero in base alla visibilità. Si parlerà di:

  • Nebbia: se la visibilità è inferiore a 1000 m

  • Foschia: se la visibilità è compresa tra i 1000 m e i 5000 m

A seconda della densità delle goccioline d’acqua in sospensione, la nebbia può ridurre ulteriormente la visibilità e si distingue in:

  • Nebbia densa: se la visibilità è inferiore a 30 m

  • Nebbia fitta: se la visibilità è compresa tra 30 e 50 m

  • Nebbia spessa: se la visibilità è compresa tra 50 e 200 m

Quali sono le condizioni atmosferiche che favoriscono la formazione della nebbia?


In generale, vi sono diversi meccanismi e condizioni meteorologiche differenti che possono portare alla formazione della nebbia.

In questo periodo dell’anno e in particolare nella Pianura Padana e nelle valli del centro Italia, le giornate con cielo sereno sono spesso seguite da serate e nottate nebbiose. Le condizioni atmosferiche anticicloniche (alta pressione), l’assenza di vento e la presenza di masse d’aria molto umide favoriscono la formazione della nebbia tipica del periodo autunnale e invernale: dopo il tramonto il suolo cede calore per irraggiamento, provocando il raffreddamento della massa d’aria prossima al terreno. La discesa della temperatura oltre un certo valore (temperatura di rugiada) porta alla formazione delle goccioline d’acqua e di conseguenza della nebbia nei primi 200-300 m di quota. Il fenomeno persiste fino al giorno successivo quando i raggi del sole, riscaldando il terreno e gli strati ad esso adiacenti, “rompono” il muro di nebbia.


Un’analoga formazione (sempre per raffreddamento) si ha quando masse d’aria calde e umide, scorrendo (per avvezione) al di sopra di superfici più fredde, vengono a loro volta raffreddate. Ne sono un esempio le masse d’aria tiepida che passano al di sopra di un’area innevata. O quelle in prossimità delle zone costiere: durante la notte, masse d’aria calda provenienti dal mare si spostano sulla terraferma (più fredda) e danno origine alla nebbia sulle aree costiere.


Di tutt’altra tipologia invece sono le nebbie che si generano per evaporazione: è il classico paesaggio che è possibile osservare nelle vicinanze della grandi distese d’acqua e sulle regioni polari. A causa della differenza di temperatura tra la massa d’acqua e l’aria sovrastante, l’acqua evapora e successivamente, una volta raggiunta la condizione di saturazione, ha luogo la condensazione e la formazione della nebbia.


Quando la temperatura è inferiore a 0°C e le goccioline di nebbia si trovano allo stato liquido si parla di nebbia congelantesi. Nel momento in cui le goccioline d’acqua in sospensione in atmosferica entrano in contatto con superfici solide (tetti delle case, alberi, etc…), si genera un sottile strato cristallino di ghiaccio, che prende il nome di galaverna, dall’aspetto simile ad una spruzzata di neve, ma di diversa formazione.


Nelle regioni artiche e antartiche, dove le temperature sono molto più basse rispetto al punto di congelamento, le goccioline d’acqua solidificano nell’aria trasformandosi in cristalli di ghiaccio e dando origine al fenomeno della nebbia gelata.


Tornando alle nostre latitudini e nelle nostre città, la formazione della nebbia è favorita dalla presenza di inquinanti atmosferici che fungono da nuclei di condensazione.


​Sicuramente, la scarsa visibilità provocata dalla nebbia crea non pochi problemi ai trasporti automobilistici e aerei. In caso di nebbia, la guida degli autoveicoli necessita di illuminazione supplementare, come quella fornita dai fanali proiettori fendinebbia e dalle luci retronebbia, che permettono una migliore visibilità della strada e dell’autovettura stessa.


​Per la dispersione della nebbia negli aeroporti, in passato sono stati sviluppati alcuni metodi sperimentali. Ne sono un esempio la tecnica dell’inseminazione delle nuvole, eseguita solitamente con lo ioduro d’argento o il ghiaccio secco, utilizzata dagli aeroporti americani o l’impiego di azoto liquido a bassissima temperatura che invece veniva adoperato dall’aviazione militare e civile russa.

Al giorno d’oggi, la nebbia rimane senza dubbio tra i più fastidiosi fenomeni meteorologici per chi deve viaggiare. Continua invece a regalare affascinanti e misteriose atmosfere a situazioni e paesaggi che perderebbero il loro fascino senza la coltre di nebbia.


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