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Samantha Pilati

Paradisi perduti?


Tutti, almeno una volta nella vita, avremo letto o sentito parlare del fatto che le Maldive, quel paradiso tropicale costituito da migliaia di isolette nell’Oceano Indiano, è destinato a scomparire a causa dell’innalzamento delle acque del mare, dovuto allo scioglimento delle calotte polari. Ma sono tanti, purtroppo, i siti mondiali ad essere a rischio, dal tanto che anche l’Unesco (l’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) ha dedicato un report all’argomento, analizzando come i Patrimoni dell’Umanità, e quindi anche il turismo, siano strettamente legati al cambiamento climatico.

Nell’Oceano Pacifico, per esempio, sono in molti a condividere il rischio di una sorte analoga a quella delle Maldive; inoltre, a causa dell’aumento della temperatura del mare e dell’inquinamento, le barriere coralline, come quella della Nuova Caledonia, rischiano un irrimediabile sbiancamento.

Ma non sono solo le isole o gli stati insulari a risentire del cambiamento climatico. Basti pensare alle Alpi, dove molti ghiacciai, nel corso degli anni più recenti, si sono inesorabilmente ritirati; è il caso ad esempio del ghiacciaio del Rodano sulle Alpi svizzere (che pur non appartenendo direttamente ai Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, è in ogni caso un patrimonio naturalistico di grande rilievo): un tempo era uno dei ghiacciai più grandi d’Europa, nei mesi estivi viene ora ricoperto con dei teloni bianchi per limitarne la fusione, che ne ha già comportato una decisa diminuzione della sua estensione. Tale ghiacciaio è noto anche per la galleria che lo attraversa e che attrae un discreto numero di turisti.


Se in Svizzera il turismo è importante, ma non è il settore economico di principale rilievo, lo stesso non si può dire per altri Paesi quali l’Uganda o il Nepal, dove il turismo gioca invece un ruolo fondamentale nell’economia, grazie rispettivamente al Bwindi Impenetrable National Park e all’Sagarmatha National Park, parchi nazionali messi a rischio dal cambiamento climatico; nel primo, difatti, la mutazione del clima è causa in particolar modo di stress e variazioni delle condizioni di vita dei gorilla di montagna (principale interesse dei visitatori di questo parco) e già messi a dura prova dalla convivenza con l’uomo; nel secondo l’aumento della temperatura è all’origine di un eccessivo disgelo che può causare inondazioni e frane, con gravi conseguenze sia per la popolazione locale sia per i visitatori. La diminuzione del numero di turisti in questi luoghi comporterebbe una decisa ripercussione sull’economia nazionale.


E’ facile però ritrovarsi in un circolo vizioso: flussi turistici troppo elevati e mal gestiti, difatti, possono portare a un ulteriore deterioramento dei Patrimoni dell’Unesco e degli altri siti di interesse mondiale: è il caso delle Grotte di Vézère Valley, in Francia, o della grotta di Altamira nel nord della Spagna. A causa dell’anidride carbonica prodotta dall’eccessivo numero di visitatori negli anni ’60 e ‘70, le pitture rupestri all’interno della grotta (risalenti a più di 15000 anni fa) si stavano danneggiando; fu quindi introdotto un numero limite di visitatori annuo per preservarla (ma è possibile rimirarne una copia esatta nel museo accanto).


Restando invece in Italia, il caso di Venezia è il più famoso: essa condivide una sorte analoga a quella degli atolli tropicali, a causa dell’innalzamento del mare, unito anche all’erosione del litorale. E i fenomeni meteorologici estremi, sempre più frequenti, ravvicinati nel tempo e legati al riscaldamento climatico, che si abbattono sulla città e sulla sua laguna, peggiorano solo la situazione. Si ricorda ad esempio il violento tornado che ha colpito Mira e Dolo, comuni in provincia di Venezia, lo scorso 8 luglio, che tra i vari danni recati in loco ha anche distrutto Villa Fini, una dimora storica del 1600.


Oltre ai danni sul lungo termine, quindi, non dobbiamo dimenticare quelli nell’immediato: non più tardi di due settimane fa, le forti piogge che hanno interessato la Francia, e la conseguente piena della Senna, hanno messo a repentaglio le opere d’arte contenute al Museo del Louvre, e solo il repentino intervento degli inservienti del Museo ha permesso di metterle in sicurezza.

Noi nel nostro piccolo non possiamo certo impedire una inondazione, né raffreddare il mare. Ma possiamo cercare perlomeno di ridurre o limitare quelle azioni che comportano ripercussioni sul nostro clima e in generale sulla nostra Terra, oltre a praticare un turismo responsabile. Perché anche nel futuro possano, come noi, provare l’emozione di rimirare opere d’arte antiche, passeggiare sopra (o dentro!) un ghiacciaio e fare snorkeling in un reef invaso di pesci colorati.

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